2015
DIETRO LA MASCHERA
(Roma – Teatro Aurelio – 13 febbraio)
SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE – L’IMBECILLE, BELLAVITA, L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA, LA PATENTE di Luigi Pirandello
(Pirandelliana – Roma – Giardino della Basilica di S.Alessio all’Aventino, 9 luglio – 9 agosto)
TEATRO DI NATALE – C’ERA UNA STALLA
(Cripta della Basilica di S.Alessio all’Aventino, 16-18 dicembre)
PIRANDELLIANA 2015 (XIX Edizione)
dal 9 luglio al 9 agosto
SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
(in scena il martedì, il giovedì e il sabato ovvero il 9, 11, 14, 16, 18, 21, 23, 25, 28 e 30 luglio – l’1, 4, 6 e 8 agosto)
ATTI UNICI
(in scena il mercoledì, il venerdì e la domenica ovvero il 10, 12, 15, 17, 19, 22, 24, 26, 29 e 31 luglio – il 2, 5, 7 e 9 agosto)
Giardino della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino – Piazza S. Alessio 23, Roma
La Compagnia teatrale ‘La bottega delle maschere’
(dall’alto a sinistra): Mario De Amicis, Cristina Cubeddu, Marcello Amici, Paola Tripodo, Carlo Bari, Marco Vincenzetti, Valerio Serraiocco, Giulia Nardinocchi, Davide De Angelis, Anna Varlese, Giacomo Bottoni, Alessandra Ferro
SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
In un teatro, una compagnia sta provando Il giuoco delle parti di Luigi Pirandello. Sei persone, il Padre, la Madre, il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina salgono sul palcoscenico, raccontano di essere sei personaggi in cerca d’autore rifiutati dallo scrittore che li ha concepiti, chiedono al Capocomico di dar loro vita artistica mettendo in scena il loro dramma; raccontano agli attori la loro storia perché possano rappresentarla. Dopo qualche resistenza, il Capocomico acconsente alla richiesta. Il Padre si è separato dalla Madre, dopo aver avuto da lei un Figlio. La Madre, convinta dal Padre, si ricostruisce una famiglia con un segretario subalterno che lavora in casa loro ed ha da lui tre figli: la Figliastra, la Bambina e il Giovinetto. Morto il segretario, la famiglia cade in miseria. La Figliastra è costretta a prostituirsi nell’atelier di Madama Pace, dove la Madre lavora come sarta e dove il Padre, vecchio cliente, un giorno la conosce. L’incontro viene evitato a tempo per l’intervento della Madre. Tormentato dalla vergogna e dai rimorsi, il Padre porta a casa tutta la nuova famiglia provocando il risentimento del Figlio. La convivenza diventa insostenibile.
Gli attori della compagnia teatrale provano a fare il loro mestiere, ma non riescono a rappresentare il reale dramma di quei Personaggi, i loro sentimenti, il vero essere di ciascuno. Tutto appare come falso, con un altro suono le stesse parole! Il dramma culmina nella scena finale in cui la storia finisce in tragedia, senza avere la possibilità di capire se essa sia reale o no: la Bambina annega nella vasca del giardino, il Giovinetto si spara. Finzione o realtà?
È una rivoluzione teatrale. È la rivelazione di quel patto che è sempre sottinteso al teatro, di quella convenzione per cui lo spettatore sa che sul palcoscenico si sta verificando una finzione e, tuttavia, proprio per il suo mestiere di spettatore, è tenuto a crederci. L’attore recita, dunque finge, ma deve essere creduto dallo spettatore come dicesse la verità. Si chiamerà teatro nel teatro.
ATTI UNICI
“L’imbecille”, “Bellavita”, “L’uomo dal fiore in bocca”, “La patente”
L’imbecille. Nella redazione di un giornaletto di provincia arriva la notizia della morte di un giovane gravemente ammalato di tisi. Si è suicidato, impiccandosi. Il direttore del giornale commenta cinicamente l’accaduto; sarebbe dovuto andare prima a Roma e uccidere un senatore a capo del movimento politico avversario: Non gli sarebbe costato nulla, neanche il viaggio; glielo avrei pagato io, parola d’onore! Così è morto proprio da imbecille! Luca Fazio, anch’egli malato di tisi, è un giovane studente tornato a morire nel suo paese. Ha con sé una rivoltella con cui intende finirla. Ha ascoltato, nascosto dalla penombra, il commento del direttore; non vuol essere considerato un imbecille come quel povero impiccato. È improvvisa la soluzione pirandelliana! Il giovane racconta di aver accettato l’incarico proprio da quel senatore che sta a Roma: gli ha pagato anche il viaggio per ritornare al suo paese e uccidere il direttore di quel giornaletto di provincia.
Bellavita, un debole ometto, marito tradito e deriso, rimasto vedovo, escogita una curiosa vendetta. Pieno di rispetto e di ossequio, si mette a seguire, come un’ombra, quello che fu l’amante di sua moglie con cui vuole condividere il dolore per la perdita della donna che entrambi hanno amato. L’amante, inutilmente, tenta di liberarsi dalla soffocante e grottesca presenza di Bellavita che lo implora, tra l’ilarità di tutto il paese, di non essere abbandonato a piangere da solo il comune dolore. Si mette a scortare l’amante della moglie a due passi di distanza: uno il corpo, Bellavita l’ombra. L’ombra del rimorso!
Nella notte, L’uomo dal fiore in bocca parla con un passeggero che ha perduto il treno, del suo aggrapparsi alla fantasia, come un rampicante attorno alle sbarre di una cancellata. Racconta come si confeziona un pacchetto, lo ha visto fare tante volte dai giovani commessi di negozio. Descrive le sale d’aspetto dei medici dove i clienti sono in attesa del loro consulto. Insorge contro la moglie che lo sta seguendo a distanza, nascondendosi dietro gli angoli delle case. All’improvviso, dice che gli è spuntato in bocca un fiore che ha un nome dolcissimo, più dolce di una caramella. Si chiama epitelioma… Pronunzi, sentirà che dolcezza: epitelioma… La morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto: Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi. Mentre si congeda chiede un piacere al passeggere: domattina, quando arriverà a destinazione… all’alba, può fare la strada a piedi, il primo cespuglietto d’erba su la proda, ne conti i fili per me. Quanti fili saranno, tanti giorni ancora io vivrò… ma lo scelga bello grosso!
La patente. Gli individui che cadono nell’orbita pirandelliana sembrano ribaltati dalla vita, si ritrovano sul proscenio della loro coscienza assolutamente soli e segnati da un marchio indelebile, perciò nascondono dietro una maschera la loro infinita solitudine. Nella Patente, Chiarchiaro si maschera direttamente, si rinchiude nei panni di uno iettatore, in un involucro difensivo, come in una pattumiera beckettiana, in cui irrigidisce la sua maschera con cui gli altri lo hanno coperto. È un povero padre di famiglia. Lavorava onestamente. Lo hanno cacciato via. Per lui non c’era stato l’articolo 18! Buttato in mezzo a una strada perché jettatore, con la moglie paralitica da tre anni in un fondo di letto e con due figliuole. Chiede al giudice il riconoscimento ufficiale di quella sua potenza terribile che è ormai l’unico suo capitale. Chiede la patente di jettatore con la quale potrà iniziare una nuova vita. Non ci sarà bisogno di dire niente, sa lui come si fa contro tutta questa schifosa umanità!
È un teatro nuovo. La dissimulazione è collocata ovunque. A volte pare di stare in un dialogo con Leopardi cui Pirandello stia raccontando la sua teoria sulla ragione, attento a quello che sta succedendo a Vienna, in Berggasse 19. La regia giuoca la partita fino in fondo: ci deve essere un finale! Luca Fazio, Bellavita, L’uomo dal fiore, Chiarchiaro esigono un riscatto, un riconoscimento per il loro talento: la patente di istrione.
LA LOCANDINA