2002

SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE di Luigi Pirandello
RESTAURO DI UN MISTERO
(Roma – Teatro Agorà, 13 – 23 marzo)

COSÌ È (SE VI PARE) – I GIGANTI DELLA MONTAGNA di Luigi Pirandello
(Pirandelliana, Roma – Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino, 11 – 28 luglio)


 

COMUNE DI ROMA
Assessorato alle Politiche Culturali
Dipartimento Cultura Sport e Toponomastica

Associazione Culturale
LA BOTTEGA DELLE MASCHERE
diretta da Marcello Amici

PRIMAVERA ROMANA

TEATRO AGORA’
Roma – Via della Penitenza, 33 – Tel. 06.6874167, fax 06.6868528

Prenotazioni e informazioni, anche Tel/fax 06.6620982
Orario: 21.15 – domenica 17.30 – lunedì riposo – ingresso € 10.00


 

13 – 23 marzo 2002

SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
di Luigi Pirandello

Regia di Marcello Amici

Musiche di Astor Piazzolla

24 – 28 marzo 2002

RESTAURO DI UN MISTERO
di Marcello Amici

da “Passione e Resurrezione del Colosseo” di Anonimo


 

SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE

Sei personaggi, smarriti e perplessi, arrivano in un teatro dove una compagnia sta provando Il giuoco delle parti di Luigi Pirandello. Chiedono al capocomico di sfogare il loro dramma, perché l’autore che li ha partoriti non li ha più voluti, per questo sono alla ricerca di un altro autore che li aiuti a far rivivere la loro storia dolorosa, da rappresentare poi in un palcoscenico. Il Capocomico deciderà di mettere in scena il loro racconto gelido e potente, torbido e luminoso, ma non vi riuscirà per l’inefficacia del linguaggio teatrale. 
Sono passati molti anni da quella sera del 10 maggio 1921 in cui Sei personaggi in cerca d’autore andarono in scena per la prima volta al Teatro Valle di Roma e, tuttavia, ancor oggi, a distanza di tanti anni, gli spettatori in ogni parte del mondo hanno un brivido quando quei sei fantasmi arrivano in palcoscenico e si verifica quel misterioso, stranissimo corto circuito tra la vita e il teatro.
Ma cosa raccontano i sei personaggi? Due sono gli argomenti più importanti. Pirandello vuole spiegare il meccanismo della creazione, che cosa succede nella fantasia di un autore quando immagina una storia, una commedia, un romanzo; poi svela la sottile differenza, il passaggio da persona a personaggio, il contrasto tra la vita e la forma. La vita è come un fiume in piena, è un mare di lava che si muove continuamente. L’arte è una forma fissa, bloccata e per esistere ha bisogno di prendere sempre qualcosa dalla vita, ma nel momento in cui la prende la fissa, la congela e raffredda per l’eternità in una forma eterna. I personaggi dell’arte sono veri, gli uomini invece non hanno alcuna verità, alcuna certezza, sono mutevoli, diversi, uno, nessuno e centomila.
E’ una rivoluzione teatrale. È la rivelazione di quel patto che è sempre sottinteso al teatro, di quella convenzione per cui lo spettatore sa che sul palcoscenico si sta verificando una finzione e, tuttavia, proprio per il suo mestiere di spettatore, è tenuto a crederci. L’attore recita, dunque finge, ma deve essere creduto dallo spettatore, come se dicesse la verità. E’ quello che verrà poi chiamato il teatro nel teatro.

N0TE DI REGIA

Il gruppo di famiglia che si materializza sul palcoscenico del malcapitato Capocomico non si lascia vivere, non prende coscienza di una guida, nega ogni convenzione. La sua storia è stata alimentata con due marionette e un Arlecchino viola presi in prestito nella baracca dei saltimbanchi di Aleksandr Blok. Sono un personaggio uscito da Pittura su legno e due bambini trasformati in marionette perché non sapevano che fosse succo di mirtillo quel sangue che sgorgava dalla testa del pagliaccio. I tre entrano in scena e sostituiscono il Figlio, la Bambina e il Giovinetto. Come il Gabriel Conroy joyciano, con il suo viaggio per l’ovest, il gruppo rifiuta la piatta quotidianità. I Sei hanno abbandonato la famiglia per rendere icastica sulla scena la loro estraneità esistenziale. La regia ha prima interpretato e costruito le maschere descritte dall’Autore, poi ha raccontato la storia cercandola oltre il testo dove i personaggi cessano di essere fissati immutabilmente nell’espressione del proprio sentimento. Ne scaturisce una nuova incisione dell’accaduto dove il racconto dell’antefatto prima, e la scomposizione delle maschere dopo, hanno creato fotogrammi intensi e vivi. I volti, segnati come quelli degli attori della Compagnia della Contessa arrivati di sera, alla fine della storia umana dell’Autore, nella decrepita villa di Cotrone, hanno nei tratti il sapore della tragedia greca. I personaggi, isolati così all’interno di una panoramica e con la coscienza di essere tanti, rifiutano il ruolo di armonizzatori, di utili idioti, di volontari inventori di maschere ideologiche e morali, agiscono come i comuni mortali, capaci anche di commettere azioni basse. I loro voli diventano icari e fonte di dolore perché il teatro è incapace di trascrivere quel work in progress.
La vicenda è stata immersa in una scenografia futurista: bianco, nero, un pizzico di viola e i colori di Prampolini hanno permesso un’alternanza di campi lunghi e di sequenze in soggettiva per una nuova scrittura della storia. L’alternarsi di finzione e realtà evocate sta lì a coinvolgere nel patto del teatro spettatori e attori. Sono stati rimessi in questione certi assiomi nel palcoscenico voluto libero da ogni orpello, dove è stato condotto un processo umoristico alle ipocrisie, alle menzogne e alle assurdità dell’uomo. Si sorride, perché intriga scoprire la stupidità di certe costruzioni umane che pretendono di essere eterne, ma anche perché si dimostra su quali assurdità logiche siano spesso fondati i rapporti e su quali precarie certezze ruoti la società degli uomini. C’è sotto un invito a costruirsi una personale verità, giorno dopo giorno, perché solo così i nati vivi possono vivere.
Via ogni simbolismo, perché i Sei non è favola che dimostri una qualunque verità morale, alterabile e accomodabile alle cosiddette esigenze del teatro.
Il palcoscenico è la mente del regista, la sua fantasia in fieri nell’atto di creare. I Sei e Madama Pace sono sul palcoscenico, cambiano di colpo la scena. La loro fantastica nascita è sostenuta come una vera necessità in misteriosa organica evoluzione con tutta la vita dell’opera. I personaggi diventano creature, costruzioni immutabili, gli attori, testimoni e strumenti disposti come quinte nel teatro spoglio. Un teatrino di marionette: da uno strappo nel cielo di carta, irrompe il convitato di pietra. Non sono bozzetti, esaltazioni illusorie, ma una caratterizzazione del testo, una lettura condotta per immagini, una realtà che nasce evocata, attratta, formata dalla stessa scena.
Le musiche sono di Piazzolla.
I Sei sono stati estratti da una sequenza extratemporale proiettata dal profondo da dove affiorano visibili le tracce concrete di apparizioni e di fantasie che fanno parte degli automatismi psichici. La regia, nel cercare la quarta dimensione, si è avvalsa dell’incrociarsi delle battute come specchi artificiosi, ha guardato a tutta la commedia in una unità di tempo dissociata, nella confusione di futuro, presente e passato e ha sperimentato, non solo per la scenografia, la sintesi temporale-spaziale delle tele cubiste. Il vuoto del palcoscenico si allarga, varca i limiti del corpo, diventa arresto del tempo e della vita, come se il silenzio interiore si sprofondasse negli abissi del mistero, per riacquistare subito la coscienza normale delle cose, riallacciare con esse le consuete relazioni, riconnettere le idee, risentirsi vivi.

I personaggi della commedia da fare

Il padre
La madre
La figliastra
Il figlio
Il giovinetto
La bambina
Madama Pace

Gli attori della compagnia

Il direttore-capocomico
La prima attrice
Il primo attore
La seconda donna
L’attor giovane
Un’attrice
Un attore
Il macchinista
Il suggeritore

 

Marcello AMICI
Michela SCROCCA
Nicla DI BIASE
Marco BALDASSERONI


Roberto GALVANO

 

Marco VINCENZETTI
Veronica ATTANASIO
Claudio LAURIA
Sarah BOGATTI
Gustavo MACCIONI
Elena PITRUZZELLA
Alfredo PIACENTI
Chicco DE BIASE
Umberto QUADRAROLI


 

RESTAURO DI UN MISTERO

Non è il pianto di Jacopone. Non è una disputa. È teatro. Nel palcoscenico metafisico di Restauro di un mistero esistono, convivono, si sovrappongono cose e fatti, pensieri e significati. I protagonisti sono giovani d’oggi che stillano il loro essere. Vanno in scena per esistere, per rappresentarsi, per raccontare al nuovo millennio una nuova, seppure la stessa, storia del Colle del Teschio
Qua e le anche cadenze di quello che un tempo avveniva di Quaresima nel Colosseo. Restauro di un mistero attinge da La Passione e Resurrezione del Colosseo di un anonimo autore del 1500, una laude che con sfarzo particolare veniva messa in scena nel Colosseo durante la Settimana Santa. Assistervi, scritto nei documenti del tempo, comportava ai pellegrini l’accredito di un certo numero di indulgenze. E anche un teatro nel teatro per il dramma di Giuda mostrato come un viandante macerato, povero, misero, sormontato e respinto dalla massa dei suoi febbrili deliri e dalla lucidità delle sue astrazioni ellittiche. II suo è un grido feroce. È quello di Faust. È quello di Prometeo.
È una composizione. È un concerto per persone e personaggi. È una strana Via Crucis. Non è un bilancio alle soglie del secolo appena nato. Non e il computo delle disfatte. È un lungo sogno per rivedere le aspirazioni dell’uomo, le sue assenze, le sue fatiche, le sue ricerche poetiche, le sue ambizioni al trascendente, le sue incursioni nei territori malfidi della scienza e le sue lotte contro le interpretazioni secolari del sociale, appena alla fine del secolo delle grandi invenzioni.

Le persone:

Marcello AMICI
Veronica ATTANASIO
Marco BALDASSERONI
Sarah BOGATTI
Nicla DI BIASE
Roberto GALVANO

Gustavo MACCIONI
Alfredo PIACENTI
Elena PITRUZZELLA
Umberto QUADRAROLI
Michela SCROCCA
Marco VINCENZETTI


 

Disegno luci e fonica: Chicco De Biase — Scene: Marcello Amici e Luigi Burelli
Costumi: Natalia Adriani — Organizzazione: Paola Amici e Mauro Ciuco
Amministrazione: Marco Salietti e Rosemarie Della Scala
Assistente alla regia: Viviana Casini — Foto: Franco Troiani e Massimo Mercati

MUSICHE DI ASTOR PIAZZOLLA

Ufficio Stampa: Gianluca Verlezza (06.5827914 — 338.7575258 — macras@libero.it)