LA PARABOLA
Verso Damasco brucia ogni raccordo narrativo.
E’ il tentativo disperato di cogliere in un solo sguardo, di stringere in un solo abbraccio, riepilogativo ed epifanico, il viaggio di un individuo attraverso la storia della propria esistenza.
Il protagonista è un uomo.
E’ lo Sconosciuto.
Attore, regista, spettatore nelle stazioni della vita.
Anche la donna, la stessa, è un’altra in ogni stazione verso Damasco.
Lo Sconosciuto si confronta con le esperienze cruciali del suo tempo, evoca e materializza i personaggi-simbolo
dei suoi dissidi interiori, vuol fare con loro i conti e tentare un ultimo intenso bilancio; con la Signora, moglie, amante e madre; con il Mendicante, che non indica la strada maestra ma la rotaia; con Cesare, sé stesso e le sue irrequietezze; col Confessore, ovvero con le professioni, mai sopite, verso il trascendente; col Tentatore, la razionalità scettica non disposta a nutrirsi di vane ubbie. E con un coro di personaggi che srotolano la sua vita, come un panorama, dall’infanzia, attraverso la giovinezza, fino ad Eva.
E’ una anabasi.
Giunto alla Settima Stazione, lo Sconosciuto non trova Damasco ma le istituzioni, le convenzioni del vivere, le ipocrisie e il misoneismo della gente pronti a respingerlo.
Qualcuno legge nei suoi pensieri segreti
– Perché mi perseguiti? – Il suo è un grido di orgoglio.